Social procurement, come far crescere l’economia sociale italiana

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Il social procurement è certamente un neologismo con il quale non tutti gli interessati al mondo dell’economia italiana e internazionale avranno confidenza; tuttavia il termine si presta ad approfondimenti importanti, soprattutto per l’impatto che potranno avere in futuro le attività d’impresa ad esso connesse.

Con l’espressione “social procurement” intendiamo infatti un rapporto produttivo, spesso di fornitura di beni e servizi, che un’impresa del settore profit può avviare con realtà del tutto antitetiche per valori e fasi di realizzazione di beni e servizi, ovvero non-profit, spesso identificate nella figura delle cooperative. Questo tipo di partnership non è comunque del tutto inedito in Italia, essendo già presenti nel tessuto produttivo diverse imprese ben disposte ad allacciare relazioni di approvvigionamento del genere favorendo lo sviluppo delle competenze e del problem solving da entrambe le parti in causa.

Queste ultime possono così sentirsi più incentivate a far crescere l’economia sociale, ed entrare inoltre con meno titubanze in settori apparentemente molto distanti dal cosiddetto “core business”, o attività principale dell’azienda, che la contraddistingue e la rende popolare al pubblico in tutto e per tutto. Il trend è fortunatamente in rapida crescita soprattutto nel tessuto produttivo di Milano, in cui secondo recenti sondaggi oltre ll’88% delle imprese si dichiara felice di poter prendere in considerazione tale modello di produzione e reperimento delle materie prime.

I rapporti di clientela e fornitura nell’ambito del social procurement, ad ogni modo, devono saper crescere di molto in altre aree d’Italia dove la collaborazione si limita alla presenza di grandi imprese e al rafforzamento di legami di oligopolio: solo l’11% delle aziende coinvolte in una nuova ricerca sulle abitudini di reperimento di materiale per l’attività d’impresa ha dichiarato di avere relazioni personali con le realtà delle società non-profit locali.

Logistica, catering, distribuzione, grafica, editoria e pulizia sembrano essere alcuni tra i servizi più richiesti alle non-profit da parte dei grandi nuclei produttivi che decidono di far ricorso a questa pratica: potremo vedere aggiungersi altri settori economici a breve, se l’idea alla base di questa collaborazione più sana e meno competitiva avrà più seguaci in Italia.